Due più tre che fanno quaranta.
Sto –
come la metà che si ritrova, come il tempo che spinge ma non trattiene,
come le cose che ti insegnano, i bambini e la luce poi,
il silenzio che ti scrive.
Due più tre che fanno quaranta.
Sto –
come la metà che si ritrova, come il tempo che spinge ma non trattiene,
come le cose che ti insegnano, i bambini e la luce poi,
il silenzio che ti scrive.
Questo silenzio dell’estate
che sgrana i giorni tenuti in fila –
una trama nuda che s’impiglia.
Sgrana la luce tra i muri
salvi, puntellati alcuni
fratture assemblate dopo l’inverno.
In piedi il profilo
che ancora si muove
che ancora resiste,
misura le ore –
sostanza e disegno –
la dissolvenza del tempo.
(È tutto uguale, i colori, gli spazi, i tempi i muri
solo – forse siamo cambiati noi)
L’alba, rimasta chiara
un luglio, come allora.
E ti ricorda i sogni che facevi da bambina
dalla finestra, guardando in là –
quel voler scavalcare confini,
ogni luogo
ogni giorno
oggi che la sfida è quello che ti stringe
le mani
il tempo, e l’amore di tutto,
di chi ti insegna quel vivere –
oltre la terra.
(Potenza Picena Mc)
Notti che si fermano, dove ieri –
era silenzio anche lo spazio intorno –
e breve, l’abbaiare dei cani.