Grazie Willy Ghia ♥️

 

Ed eccoci qui ♥️

Qui dove tu hai sempre portato il sorriso, qui dove hai dato cose vere e non soltanto parole belle, dove forse il tempo è un gioco di scacchi ma tu rimani regina indiscussa dei fatti.

Ad ogni crepa hai dato tanto e i pezzi sono ancora insieme.

In quello spezzarsi ci hai riuniti e ricuciti ogni giorno come una madre paziente, e nel tuo abbraccio c’è tutto l’amore immenso di chi sa.

Grazie

per tutto quello che hai fatto per noi

di cuore ♥️

La lettera che ti scrissi la lascio qui, un ricordo di noi e di una terra non più uguale.

“Carissima zia Willy
che bello vedere tanta umanità oggi che non ce n’è quasi più.
Tutti si riempiono la bocca e le bacheche con queste grandi parole senza conoscerne il significato. E non credo si tratti di essere italiano o straniero, l’umanità non dovrebbe avere un colore o una parte politica. Siamo tutti stanchi e troppo concentrati sull’apparire.
Il fatto è che non puoi sapere come si sta nei panni di un altro se non lo vivi anche tu; non puoi dire “ti capisco”. Non riesci a capire l’urto del mondo fin quando non ci rimani incastrato nel mezzo.
Rimani spaccatura, ti lasci curvare sotto il peso del silenzio, di quelle fessure che s’ingrandiscono perché il tempo e le stagioni ci lavorano dentro.
La polvere dei crolli diventa tempo spinato, immobile.
Senti ancora il tintinnìo delle cose, perché dal terremoto non guarisci, non ti abitui, non rinasci.
Abbiamo però “la passione”, per citare Crepet, perché nonostante tutte le difficoltà legate al sisma amiamo la nostra terra, tanto da restare inchiodati qui. Qui, in questo nulla che avanza, svuotato dai turisti che non vengono più a vedere centri storici antichi, perché hanno paura anche loro.
Abitiamo con pazienza questo vuoto forzato dai tempi di ricostruzione troppo lunghi per tutti.
Da noi la morte è avvenuta dopo, è caduta su felicità estinte, inchiodate nelle abitazioni inagibili.
Perché ti coglie senza difesa l’angoscia, ti frattura dentro, e c’è chi rinuncia, rimanendo appeso all’unica trave che regge.
Rimaniamo così, come calce viva sotto pelle, qualcuno che controlla bussando sui muri, allentati, torturati da una terra non clemente che comunque ancora calpesti sotto le suole non sempre stabili.
Dimentichi la leggerezza del tempo in cui misuravi i pensieri a parole, con o senza mappe, adesso invece con il sonno che si guasta continuamente è difficile da ricomporre.
Ci siamo rimescolati con le molte cose rimaste come l’ultimo novembre.
Questa terra è un materasso trascinato via e, nella notte, ora, i rumori non ti orientano, biascicano sciatti nelle ore che setacci al millimetro, l’insonnia ormai è un lenzuolo freddo. S’addormentano soltanto i dolori e qualche cane.
Ripassi a memoria la tua salvezza, l’odore di zolfo, gli sguardi dei bambini, il ricordo della gravidanza per fortuna arrivata alla fine perché guerrieri si nasce.
Oggi i morti assomigliano ai vivi. Sono pochi quelli che vogliono aiutarti e ti aiutano davvero. L’umanità è consumata dalle sue stesse parole. Poche volte incontra la concretezza di un gesto.
A noi invece è stato donato il privilegio di incontrarti, di incontrare quei pochi che, almeno in parte, hanno custodito, protetto, regalato un futuro ai nostri bambini. Ci avete donato il carnevale dei supereroi che tu dici “è un modo come un altro di starci vicino”, e che è diventato una trepida attesa ogni anno, con le maschere i giochi le risa e tutto ciò che non c’era più. Grazie a voi ora, questo ha il potere di cambiare un pezzo di tempo. Non avete mai perso la speranza che qualcosa potesse migliorare. Avete continuato a mandare furgoni su furgoni di cose di prima necessità tutto l’anno, aiutato tanti pastori a nutrire gli animali.
Di tutto questo lo stato non sa niente, forse, magari ha cose più importanti su cui lavorare, eppure per un po’ abbiamo creduto che non saremmo stati abbandonati con le promesse di un tempo che breve non lo sarà più.
Siamo naufraghi sulla nostra terra noi.
Siamo tutti naufraghi, di mare, di terra, di case cadute, di vite spezzate, di chi fugge per trovare e di coloro che sono stati fatti fuggire per non tornare. Siamo tutti pedoni nelle mani di chi non ha mai saputo giocare neanche una partita.

Con stima e tanto affetto

Silvia G.”

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