Resh (ventesima lettera)

 

Resh (ventesima lettera)
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È il male insoffribile che incalza
La curvatura sbagliata del disconoscimento,
Una negazione pesante quasi quanto l’annullamento.
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Dove sono finite le mie maschere, mi domandi.
Vuoto
Sono senza direzioni, strade tagliate e muri
sgretolati, ho un corpo che resiste ma non rientra, una curvatura
dannata e sottomessa in cui non c’è preghiera. Parlo
un linguaggio sconosciuto. Ascolto l’indifferenza e l’assenza
mentre penso a vuoto. Non c’è ritorno, non può esserci
salvezza per qualcosa senza inizio. Lo strascico di sangue
s’innalza tra di noi, macchia ogni parola e allora
mentre il chiacchiericcio di notte mi batte sulla fronte, cerco
un silenzio disperato, insperato quasi, che mi accolga.
Sono sulla soglia troppo bassa, un invisibile contrattempo ti dico
che ha arginato il fiume. Mi aggrappo ogni volta
in ciò che trovo ma non regge. Scivolo.Provo a risalire
contro la corrente, in certi giorni.
M’impiglio.
Ricado.
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#alfabetoebraico
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